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IL MITO DELL'EVOLUZIONE DEL GENERE UMANO

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Messaggio Da Angelodiluce Dom Mag 02, 2010 3:08 am

IL MITO DELL'EVOLUZIONE DEL GENERE UMANO PIC_1867
L'idea che l'uomo provenga dalle foreste africane e si sia progressivamente evoluto, uscendo da uno stato scimmiesco, per poi espandersi in tutte le direzioni della terra, non è così pacifica come sembra. Non dimentichiamo infatti ch'essa venne formulata quando si era convinti che la nostra civiltà (europea, capitalistica) fosse la migliore del mondo, anzi della storia.
Nessuno oggi nega che l'evoluzione abbia le sue motivazioni, ma non ha senso usarla in maniera assolutistica, al fine di dimostrare un progresso inarrestabile, quello appunto che ci ha portato agli attuali livelli. Questo modo di guardare le cose, più che scientifico, è mitologico.
Il fatto d'aver trovato antichissimi reperti umani, che ci presentano tutta una serie di ominidi, non è sufficiente a dimostrare che la teoria evolutiva sia quella giusta. Spesso gli scienziati trovano le prove che vogliono trovare, quelle che confermano idee precostituite, così come i turisti quando vanno all'estero, che vedono soltanto quello che si aspettano di vedere.
Sulla base della teoria evoluzionista ci è diventata familiare l'idea secondo cui la specie umana sia partita da un preciso punto geografico (l'Africa), per poi diramare da esso secondo una linea progressiva (o appunto evolutiva) che si è successivamente diversificata. Infatti gli scienziati parlano di australopiteco, homo habilis, erectus, sapiens ecc., come se il percorso fosse stato abbastanza regolare (a parte la strana scomparsa dell'uomo di Neanderthal). Gli ominidi si sarebbero formati uscendo dalle foreste, entrando negli spazi aperti delle savane, dove avrebbero acquisito la posizione eretta del bipede.
L'evoluzionismo è stato usato per mettere a tacere i miti del creazionismo, ma in questa battaglia ideologica è stata proprio la scienza a rimetterci. E' evidente infatti che non si può contestare il concetto di "evoluzione" (anche i creazionisti erano convinti di essere migliori di quanti non erano né cristiani o non avevano la pelle bianca, tant'è che non mostravano scrupoli di sorta nel cercare di schiavizzarli).
Tuttavia è non meno indubbio che esiste anche il concetto di "involuzione", che è il suo rovescio. La vita umana non assomiglia affatto a una uniforme linea retta, ma semmai alle parabole degli andamenti borsistici, cioè a continue oscillazioni di alti e bassi che spesso portano a crack irrecuperabili. Basta vedere la storia di tutte le civiltà, le quali, dopo aver raggiunto il picco del loro sviluppo, iniziano un declino inesorabile, fin quasi a scomparire dalla faccia della terra.
Noi abbiamo voluto sostituire dio con la scimmia nel momento in cui noi stessi ci sentivamo delle divinità, ma così facendo abbiamo fatto delle scimmie un pretesto per avvalorare i nostri nuovi miti. Non a caso quando parliamo di "evoluzione umana", la facciamo terminare con l'uomo bianco civilizzato.
Che la nostra origine scimmiesca sia semplicemente un mito antireligioso e non una realtà scientifica, è dimostrato dal fatto che non consideriamo i neri africani superiori a noi. Eppure basta guardarli fisicamente per accorgersene. Chi può superare un nero nella corsa e non erano forse più forti gli schiavi neri di quelli delle due Americhe?
L'evoluzione per noi occidentali è un dogma così indiscutibile, che non ci permette di vedere una realtà molto evidente, e cioè che da un punto di vista fisico il bianco è recessivo rispetto al nero. Se fossimo davvero obiettivi, intellettuali onesti, dovremmo dire che il nero africano, che per milioni di anni ha vissuto il comunismo primordiale, è stato di gran lunga superiore a qualunque altra tipologia umana formatasi successivamente. Ancora oggi i neri lo dimostrano col loro fisico statuario e, se vogliamo, con altre caratteristiche che noi da tempo abbiamo perduto e che purtroppo ora stanno perdendo anche loro (p.es. il senso del collettivo, il rispetto della natura e degli animali, il desiderio di riprodursi, la fiducia ingenua nelle cose...).
Moravia diceva che l'Africa rappresenta, rispetto all'Europa, l'innocenza perduta, l'innocenza che loro stessi, stando a contatto con noi, hanno irrimediabilmente perduto.
Noi occidentali non saremmo mai disposti ad ammettere che dal nero africano al bianco europeo vi è stata in realtà una grave involuzione, che ha messo in pericolo la sopravvivenza dello stesso genere umano. L'idea di "umano" che oggi va per la maggiore è quella dell'affarista, intellettualmente dotato, tecnologicamente avanzato, particolarmente individualista, con un basso livello di moralità, al punto che è disposto a compiere qualunque cosa pur di acquisire potere o di non perderlo. Noi questo tipo di soggetto ogni giorno lo definiamo "evoluto".
Ma c'è un'altra ragione per cui la teoria evoluzionista non può dimostrare la propria scientificità. Noi facciamo partire l'uomo dal nero e lo facciamo arrivare al bianco, ma chi ci dice che i primi uomini non siano stati in realtà olivastri? Verrebbe infatti naturale pensare che per passare dal nero al bianco ci voglia un tempo infinitamente superiore a quello che ci vorrebbe per passare dall'olivastro al bianco. E noi non abbiamo decine di milioni di anni di vita.
Perché dunque non dare per scontato che i primi uomini abbiano avuto un colore della pelle né troppo scuro né troppo chiaro, che è appunto quello tipico delle popolazioni mediorientali, le quali, ad un certo punto, si sono diramate in varie direzioni, mutando il loro aspetto a seconda dell'ambiente incontrato (troppo caldo, troppo freddo, troppo ventoso ecc.). Non ci sarebbe stata un'unica linea evolutiva.
Peraltro il Medio Oriente, cioè quella zona del Mediterraneo orientale che va dalla Siria al Sinai, si presenta come crocevia di tre continenti, che a partire da quell'area facilmente avrebbero potuto essere popolati quasi in simultanea. Non ci sarebbero stati ostacoli di sorta.
L'uomo primitivo doveva avere una percezione del pianeta molto più "globale" della nostra. Poteva muoversi liberamente in qualunque direzione. Cosa che oggi solo pochissime persone possono fare. La terra è diventata una prigione, in cui gli esseri umani si sono rinchiusi da soli e non hanno più la chiave per poterne uscire.
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