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ALLERGIE ALIMENTARI
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ALLERGIE ALIMENTARI
Gonfiore e dolori addominali, stitichezza, ma anche mal di testa, dermatiti, riniti. Fastidi che possono dipendere da ciò che mettiamo nel piatto: alcune allergie agli alimenti, infatti, provocano disturbi cronici e un malessere che non si riesce a spiegare facilmente. Perché si tratta di allergie un po' "speciali", che derivano da una produzione anomala di anticorpi IgG (e non dai classici anticorpi IgE) e che oggi sono però più facili da diagnosticare grazie a un test di cui riferisce una ricerca pubblicata sulla rivista "Gut".
Dieta reale e simulata
Gli autori, un gruppo di gastroenterologi di Manchester, hanno coinvolto alcuni pazienti cui era stata diagnosticata la sindrome del colon irritabile, un problema che oggi si ritiene possa essere spesso provocato o aggravato da allergie alimentari mediate dalle IgG. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti al nuovo test, chiamato ELISA foodSCAN, per la valutazione delle concentrazioni delle IgG eventualmente presenti contro certi alimenti: una volta individuati in questo modo i cibi "a rischio", ad alcuni pazienti sono state prescritte diete che li escludessero (la cosiddetta dieta reale), ad altri diete che eliminassero altri cibi, non correlati ai risultati dell'esame (la dieta simulata). Ebbene, dopo qualche tempo i pazienti che avevano seguito la dieta reale riferivano un deciso miglioramento dei sintomi.
Verifica
"Il test non è stato valutato attraverso studi epidemiologici o sperimentazioni specifiche, ma questa "prova sul campo" è una buona dimostrazione della sua efficacia" commenta Vincenzo Stanghellini, direttore del Dipartimento di Medicina interna e Gastroenterologia dell'Università di Bologna. "La dieta di eliminazione è tuttora il metodo di riferimento per confermare un'allergia alimentare: se quella prescritta sulla base delle indicazioni fornite dal test funziona abbiamo un elemento a favore della sua validità, importante per poterlo includere fra ì test scientificamente provati".
Procedimento
Il guaio di tali allergie, infatti, è riuscire a individuare con certezza l'alimento responsabile in mezzo alla miriade di cibi possibili. Basti pensare che un terzo dei bambini presenta sintomi di un'allergia alimentare, ma il cibo colpevole viene identificato in meno del 10% dei casi; gli adulti allergici sono oltre il 10%, ma solo nel 2‑4% si arriva ad accertare l'alimento coinvolto. Ciò accade anche perché i test a disposizione non sono molti. "Gli esami classici riescono a diagnosticare soprattutto le allergie mediate dalle IgE: ecco perché il nuovo test, che individua le più sfuggenti allergie mediate dalle IgG, può rivelarsi utile" osserva Stanghellini. "Volendo tracciare il percorso ideale di una persona che sospetta un'intolleranza o un'allergia alimentare, si può dire che la prima prova è l'eliminazione dei latticini dalla dieta (visto che una persona su due nel nostro Paese è intollerante al lattosio). Se l'eliminazione porta benefici, il sospetto può essere confermato con un [url=http://www.sportmedicina.com/test_allergie_alimentari.htm#TEST RESPIRO]test sul respiro[/url]; in caso contrario, e soprattutto se ci sono sintomi extraintestinali, come cefalea o disturbi cutanei, si può ipotizzare un'allergia e procedere a esami come il foodSCAN, per verificare l'eventualità di un'allergia IgG‑mediata, o i più classici Prick e Rast test per le reazioni da IgE.
Da evitare, invece, i metodi alternativi: non possiamo escludere che qualcuno di essi possa essere d'aiuto in certi pazienti, ma ad oggi non esistono prove sperimentali certe che ci permettano di giudicarne la validità e quindi ne giustifichino l'impiego" conclude l'esperto.
Come funziona l'indagine
Il kit si acquista in farmacia. E può "scansire" oltre 100 alimenti ... ma in due tempi
Il test consiste in un dosaggio immunologico degli anticorpi; il nome ELISA è una sigla inglese che significa Enzime‑Linked ImmunoSorbent Assay, cioè saggio immunoenzimatico. Il siero, prelevato dal paziente stesso viene messo a contatto con diversi antigeni alimentari (fino a 113), che si trovano su un supporto speciale, e sottoposto a una serie di passaggi (che vengono fatti da un laboratorio cui il materiale deve essere spedito). Se nel sangue ci sono IgG contro uno dei cibi presi in esame si osserverà una variazione di colore, proporzionale alla quantità di anticorpi. "L'esame, che si può acquistare in farmacia, ma non è rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale, deve essere prescritto dal medico" precisa il gastroenterologo. "Il primo passaggio dà un risultato positivo o negativo, ovvero va a valutare se ci sono o meno le lgG. Questo test costa circa 30 euro, ma il prezzo può decuplicare se il risultato è positivo e si deve procedere al secondo passaggio, cioè il dosaggio delle IgG specifiche dirette contro ciascuno dei 113 alimenti che l'esame può considerare. Una volta ottenuto il verdetto è possibile accedere a un servizio dietologico di consulenza, che imposta una dieta personalizzata sulla base dei risultati".
Intolleranza o intestino irritabile?
La sindrome dell'intestino irritabile è un problema molto frequente: si stima che ne soffra circa un terzo della popolazione. I sintomi tipici sono gonfiore e dolore addominale, stitichezza o diarrea, ma non è raro che ci siano nausea, meteorismo, mal di testa; in alcuni casi lo stress peggiora i disturbi e tanti si accorgono che i problemi compaiono o si acuiscono dopo i pasti. Da qui l'idea che in molti casi la sindrome del colon irritabile non sia altro che un'intolleranza nascosta o un'allergia alimentare non mediata dalle IgE. Come conferma Stanghellini: "Entrambe le situazioni possono scatenare sintomi analoghi. Se grazie ai test diagnostici disponibili si individuano i cibi‑no e con la dieta di esclusione i disturbi scompaiono, la sindrome era in realtà provocata da un'ipersensibilità agli alimenti e viene risolta senza farmaci e/o lunghe indagini. Va detto, tuttavia, che in alcuni pazienti intolleranza, allergia e colon irritabile possono coesistere e l'esclusione di un determinato cibo può perciò non bastare a risolvere il problema".
Escludere un alimento che provoca una reazione di ipersensibilità può essere più facile a dirsi che a farsi: spesso, infatti, tracce del cibo proibito si trovano in prodotti insospettabili, in più è necessario tenere conto della "famiglia" di alimenti cui esso appartiene ed eliminare anche gli altri componenti (ad esempio, tutti i latticini nel caso dell'intolleranza al lattosio). Ecco quali sono i cibi più spesso sul banco degli imputati per allergie o intolleranze:
ALLERGIE – Le differenze tra i diversi tipi possibili
Allergia e intolleranza sono termini spesso utilizzati come sinonimi nel caso degli alimenti. In realtà si tratta di situazioni completamente diverso per cause e caratteristiche.
Intolleranza - Gli esami allergici sono negativi, perciò il sistema immunitario non è coinvolto; i sintomi, sovrapponibili a quelli di un'allergia, si aggravano all'aumentare della quantità di cibo consumata; se si effettua un test di provocazione orale la risposta è positiva. Il motivo, nella maggioranza dei casi, risiede in un deficit enzimatico che impedisce una corretta digestione dell'alimento incriminato; purtroppo solo poche intolleranze hanno una causa nota.
Allergia IgE‑mediata - È possibile dimostrare un coinvolgimento del sistema immunitario, sono presenti gli anticorpi IgE contro determinati cibi e i test allergici e di provocazione orale sono positivi. Entro breve (minuti o ore) dall'ingestione dell'alimento si ha una crisi allergica classica (orticaria, edema, difficoltà di respiro); la reazione è "tutto o nulla", cioè indipendente dalla quantità di alimento ingerito.
Allergia IgG‑mediata - In questo caso si ha la produzione di anticorpi diversi, le IgG, che vengono rilasciati in tempi più lunghi e provocano danni quando formano immunocomplessi ("aggregati" di anticorpi). I sintomi dipendono dalla quantità e dalla frequenza con cui si introduce l'alimento; inoltre, essi compaiono quando si è raggiunta una sorta di "soglia critica" nel numero di immunocomplessi (ore o giorni). È quindi più difficile collegare i disturbi a qualcosa che si è mangiato; i pazienti che soffrono di una simile allergia lamentano di solito sintomi cronici e sfumati, meno tipicamente allergici (come enteriti, coliti e dermatiti diverse dalla classica orticaria) e quindi non di rado complicati da interpretare.
TEST – Questi gli esami più in uso oggi
Ecco gli esami più comunemente utilizzati per le allergie alimentari.
Prove cutanee (Prick e Patch test) - In base a quanto emerso dal racconto dei sintomi, si individuano gli alimenti sospetti che vengono messi a contatto con la cute (sotto forma di estratto nel prick test o come piccola quantità dell'alimento stesso nel prick by prick test). La pelle viene bucata con una sorta di pennino in modo da far penetrare nel derma le varie sostanze: in caso di allergia, entro 15‑20 minuti si manifesteranno eritema e gonfiore. Il Patch test è simile: a contatto con la pelle si mette però un cerotto imbevuto della sostanza da testare.
Esami sierologici (PRIST e RAST test) - Si preleva il sangue e vi si dosano gli anticorpi IgE: nel caso del PRIST test, si valuta la presenza degli anticorpi senza stabilirne la natura, con il RAST test invece si dosano IgE specifiche, dirette contro i cibi presunti allergizzanti.
Test di provocazione orale - Si somministrano piccole dosi degli alimenti sospetti monitorando il paziente nelle ore successive: i sintomi infatti potrebbero essere di grave entità. È la prova che conferma l'allergia in caso di test allergici positivi e permette la diagnosi di intolleranza alimentare se i test allergici sono negativi.
Metodi alternativi - Sono proposti per la diagnosi delle intolleranze, ma le evidenze scientifiche di validità sono poche e controverse. Esempi sono il Cito Test, il DRIA test, i test EAV (come il VEGA o il Biostrenght), che si basano sulle variazioni del potenziale elettrico della pelle dopo il contatto con l'alimento.
Dieta reale e simulata
Gli autori, un gruppo di gastroenterologi di Manchester, hanno coinvolto alcuni pazienti cui era stata diagnosticata la sindrome del colon irritabile, un problema che oggi si ritiene possa essere spesso provocato o aggravato da allergie alimentari mediate dalle IgG. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti al nuovo test, chiamato ELISA foodSCAN, per la valutazione delle concentrazioni delle IgG eventualmente presenti contro certi alimenti: una volta individuati in questo modo i cibi "a rischio", ad alcuni pazienti sono state prescritte diete che li escludessero (la cosiddetta dieta reale), ad altri diete che eliminassero altri cibi, non correlati ai risultati dell'esame (la dieta simulata). Ebbene, dopo qualche tempo i pazienti che avevano seguito la dieta reale riferivano un deciso miglioramento dei sintomi.
Verifica
"Il test non è stato valutato attraverso studi epidemiologici o sperimentazioni specifiche, ma questa "prova sul campo" è una buona dimostrazione della sua efficacia" commenta Vincenzo Stanghellini, direttore del Dipartimento di Medicina interna e Gastroenterologia dell'Università di Bologna. "La dieta di eliminazione è tuttora il metodo di riferimento per confermare un'allergia alimentare: se quella prescritta sulla base delle indicazioni fornite dal test funziona abbiamo un elemento a favore della sua validità, importante per poterlo includere fra ì test scientificamente provati".
Procedimento
Il guaio di tali allergie, infatti, è riuscire a individuare con certezza l'alimento responsabile in mezzo alla miriade di cibi possibili. Basti pensare che un terzo dei bambini presenta sintomi di un'allergia alimentare, ma il cibo colpevole viene identificato in meno del 10% dei casi; gli adulti allergici sono oltre il 10%, ma solo nel 2‑4% si arriva ad accertare l'alimento coinvolto. Ciò accade anche perché i test a disposizione non sono molti. "Gli esami classici riescono a diagnosticare soprattutto le allergie mediate dalle IgE: ecco perché il nuovo test, che individua le più sfuggenti allergie mediate dalle IgG, può rivelarsi utile" osserva Stanghellini. "Volendo tracciare il percorso ideale di una persona che sospetta un'intolleranza o un'allergia alimentare, si può dire che la prima prova è l'eliminazione dei latticini dalla dieta (visto che una persona su due nel nostro Paese è intollerante al lattosio). Se l'eliminazione porta benefici, il sospetto può essere confermato con un [url=http://www.sportmedicina.com/test_allergie_alimentari.htm#TEST RESPIRO]test sul respiro[/url]; in caso contrario, e soprattutto se ci sono sintomi extraintestinali, come cefalea o disturbi cutanei, si può ipotizzare un'allergia e procedere a esami come il foodSCAN, per verificare l'eventualità di un'allergia IgG‑mediata, o i più classici Prick e Rast test per le reazioni da IgE.
H2 LATTOSIO BREATH TEST (per ricerca intolleranza al lattosio) È un test del respiro con il quale si cercano le intolleranze al lattoso. Il paziente, a digiuno, beve una soluzione di acqua e lattosio, poi soffia in provette o sacchetti a intervalli di 15-30 minuti per 4 ore. La presenza di una anomala quantità di idrogeno nell'aria espirata permette di fare diagnosi. |
Da evitare, invece, i metodi alternativi: non possiamo escludere che qualcuno di essi possa essere d'aiuto in certi pazienti, ma ad oggi non esistono prove sperimentali certe che ci permettano di giudicarne la validità e quindi ne giustifichino l'impiego" conclude l'esperto.
Come funziona l'indagine
Il kit si acquista in farmacia. E può "scansire" oltre 100 alimenti ... ma in due tempi
Il test consiste in un dosaggio immunologico degli anticorpi; il nome ELISA è una sigla inglese che significa Enzime‑Linked ImmunoSorbent Assay, cioè saggio immunoenzimatico. Il siero, prelevato dal paziente stesso viene messo a contatto con diversi antigeni alimentari (fino a 113), che si trovano su un supporto speciale, e sottoposto a una serie di passaggi (che vengono fatti da un laboratorio cui il materiale deve essere spedito). Se nel sangue ci sono IgG contro uno dei cibi presi in esame si osserverà una variazione di colore, proporzionale alla quantità di anticorpi. "L'esame, che si può acquistare in farmacia, ma non è rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale, deve essere prescritto dal medico" precisa il gastroenterologo. "Il primo passaggio dà un risultato positivo o negativo, ovvero va a valutare se ci sono o meno le lgG. Questo test costa circa 30 euro, ma il prezzo può decuplicare se il risultato è positivo e si deve procedere al secondo passaggio, cioè il dosaggio delle IgG specifiche dirette contro ciascuno dei 113 alimenti che l'esame può considerare. Una volta ottenuto il verdetto è possibile accedere a un servizio dietologico di consulenza, che imposta una dieta personalizzata sulla base dei risultati".
Intolleranza o intestino irritabile?
La sindrome dell'intestino irritabile è un problema molto frequente: si stima che ne soffra circa un terzo della popolazione. I sintomi tipici sono gonfiore e dolore addominale, stitichezza o diarrea, ma non è raro che ci siano nausea, meteorismo, mal di testa; in alcuni casi lo stress peggiora i disturbi e tanti si accorgono che i problemi compaiono o si acuiscono dopo i pasti. Da qui l'idea che in molti casi la sindrome del colon irritabile non sia altro che un'intolleranza nascosta o un'allergia alimentare non mediata dalle IgE. Come conferma Stanghellini: "Entrambe le situazioni possono scatenare sintomi analoghi. Se grazie ai test diagnostici disponibili si individuano i cibi‑no e con la dieta di esclusione i disturbi scompaiono, la sindrome era in realtà provocata da un'ipersensibilità agli alimenti e viene risolta senza farmaci e/o lunghe indagini. Va detto, tuttavia, che in alcuni pazienti intolleranza, allergia e colon irritabile possono coesistere e l'esclusione di un determinato cibo può perciò non bastare a risolvere il problema".
Escludere un alimento che provoca una reazione di ipersensibilità può essere più facile a dirsi che a farsi: spesso, infatti, tracce del cibo proibito si trovano in prodotti insospettabili, in più è necessario tenere conto della "famiglia" di alimenti cui esso appartiene ed eliminare anche gli altri componenti (ad esempio, tutti i latticini nel caso dell'intolleranza al lattosio). Ecco quali sono i cibi più spesso sul banco degli imputati per allergie o intolleranze:
Gli alimenti più spesso coinvolti | ||
ALIMENTO | CARATTERISTICHE DELLA REAZIONE DI IPERSENSIBILITà | I CIBI DA EVITARE |
Latte | L'intolleranza al latte interessa circa il 50% della popolazione italiana ed è dovuta alla carenza di lattasi(l'enzima preposto al metabolismo del lattosio) o all'incapacità di digerire la caseina, una delle proteine del latte. | Prodotti caseari (burro, panna, formaggi), di pasticceria e gelateria, alcuni salumi (insaccati come salame, prosciutto cotto, mortadella, wurstel). Occhio anche alla composizione di salse, creme, zuppe vegetali e cibi preconfezionati o in scatola. Dopo un uso prolungato, anche il latte di capra provoca la reazione di ipersensibilità. Da ricordare che le proteine dei latte possono essere contenute nei farmaci come eccipienti. |
Uova | Si tratta di un'allergia che può essere diretta all'albume o al tuorlo dell'uovo; Se però i test non vengono condotti sulle parti separate, l'uovo deve essere eliminato dalla dieta in modo completo. | Pasto speciali, prodotti dolciari e di gelateria, alimenti impanati e fritti, maionese e salse; da evitare anche prodotti industriali che contengono proteine derivate dall'uovo come globulina, lecitina, ovalbumina, livetina, ovoglobulina, ovovitellina, vitellina, E322. |
Noci e Noccioline | Il problema maggiore per i pazienti che soffrono di questo tipo di allergia è evitare i molti alimenti che nascondono noci e noccioline in tracce. | Gelati, cioccolato, barrette dolci, creme, torte, biscotti e preparazioni di pasticceria; è comunque indispensabile leggere bene le etichette di tutti i prodotti industriali. |
Grano o frumento | Si tratta di un'ipersensibilità diversa dall'intolleranza al glutine, meglio nota come celiachia: chi non tollera il grano infatti ha disturbi anche mangiando prodotti privi di glutine, perché è sensibile a tutte le componenti dei frumento. | Tutti i tipi di pane e prodotti da forno, la pasta (anche all'uovo), il cuscus; i cereali per la colazione, esclusi i fiocchi di riso e d'avena; prodotti precotti o surgelati con impanatura, insaccati (come salsicce, salame, prosciutto cotto), alimenti in scatola, molte salse e condimenti (come i sughi già pronti, la senape o il dado), i gelati (a meno che non vi sia la dicitura "privi di frumento"), bevande come cioccolata, birra e gin, le caramelle e tutti i farmaci che contengono grano fra gli eccipienti. |
ALLERGIE – Le differenze tra i diversi tipi possibili
Allergia e intolleranza sono termini spesso utilizzati come sinonimi nel caso degli alimenti. In realtà si tratta di situazioni completamente diverso per cause e caratteristiche.
Intolleranza - Gli esami allergici sono negativi, perciò il sistema immunitario non è coinvolto; i sintomi, sovrapponibili a quelli di un'allergia, si aggravano all'aumentare della quantità di cibo consumata; se si effettua un test di provocazione orale la risposta è positiva. Il motivo, nella maggioranza dei casi, risiede in un deficit enzimatico che impedisce una corretta digestione dell'alimento incriminato; purtroppo solo poche intolleranze hanno una causa nota.
Allergia IgE‑mediata - È possibile dimostrare un coinvolgimento del sistema immunitario, sono presenti gli anticorpi IgE contro determinati cibi e i test allergici e di provocazione orale sono positivi. Entro breve (minuti o ore) dall'ingestione dell'alimento si ha una crisi allergica classica (orticaria, edema, difficoltà di respiro); la reazione è "tutto o nulla", cioè indipendente dalla quantità di alimento ingerito.
Allergia IgG‑mediata - In questo caso si ha la produzione di anticorpi diversi, le IgG, che vengono rilasciati in tempi più lunghi e provocano danni quando formano immunocomplessi ("aggregati" di anticorpi). I sintomi dipendono dalla quantità e dalla frequenza con cui si introduce l'alimento; inoltre, essi compaiono quando si è raggiunta una sorta di "soglia critica" nel numero di immunocomplessi (ore o giorni). È quindi più difficile collegare i disturbi a qualcosa che si è mangiato; i pazienti che soffrono di una simile allergia lamentano di solito sintomi cronici e sfumati, meno tipicamente allergici (come enteriti, coliti e dermatiti diverse dalla classica orticaria) e quindi non di rado complicati da interpretare.
TEST – Questi gli esami più in uso oggi
Ecco gli esami più comunemente utilizzati per le allergie alimentari.
Prove cutanee (Prick e Patch test) - In base a quanto emerso dal racconto dei sintomi, si individuano gli alimenti sospetti che vengono messi a contatto con la cute (sotto forma di estratto nel prick test o come piccola quantità dell'alimento stesso nel prick by prick test). La pelle viene bucata con una sorta di pennino in modo da far penetrare nel derma le varie sostanze: in caso di allergia, entro 15‑20 minuti si manifesteranno eritema e gonfiore. Il Patch test è simile: a contatto con la pelle si mette però un cerotto imbevuto della sostanza da testare.
Esami sierologici (PRIST e RAST test) - Si preleva il sangue e vi si dosano gli anticorpi IgE: nel caso del PRIST test, si valuta la presenza degli anticorpi senza stabilirne la natura, con il RAST test invece si dosano IgE specifiche, dirette contro i cibi presunti allergizzanti.
Test di provocazione orale - Si somministrano piccole dosi degli alimenti sospetti monitorando il paziente nelle ore successive: i sintomi infatti potrebbero essere di grave entità. È la prova che conferma l'allergia in caso di test allergici positivi e permette la diagnosi di intolleranza alimentare se i test allergici sono negativi.
Metodi alternativi - Sono proposti per la diagnosi delle intolleranze, ma le evidenze scientifiche di validità sono poche e controverse. Esempi sono il Cito Test, il DRIA test, i test EAV (come il VEGA o il Biostrenght), che si basano sulle variazioni del potenziale elettrico della pelle dopo il contatto con l'alimento.
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