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LA MEDITAZIONE, LO SCIAMANESIMO e CARLOS CASTANEDA--MEDITAZIONE-SONNO e SOGNO
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LA MEDITAZIONE, LO SCIAMANESIMO e CARLOS CASTANEDA--MEDITAZIONE-SONNO e SOGNO
La figura dello Sciamano, dello stregone Guaritore, del mediatore di forze occulte è antica come l' uomo, rappresentando il punto di confluenza fra il mondo magico e quello religioso. Riti di tipo sciamanico erano già presenti, nelle religioni protostoriche della Cina e del Tibet, e sopratutto in Siberia, Messico, Guatemala, El Salvador e Honduras sono state rinvenute raffigurazioni di cerimonie religiose, con pratiche legate ai "funghi allucinogeni", risalenti all' età del bronzo o al periodo dei Maya. Esiste inoltre, una teoria secondo la quale il "soma" di cui si parla nel RGVEDA, ossia quella bevanda offerta agli Dei, nei sacrifici rituali e ingerita dai sacerdoti, fosse un "fungo allucinogeno".
Pare quindi esserci una connessione diretta tra "sciamani e veggenti vedici". "Bevanda divina" viene definito il "soma", e "carne del dio", viene definito il fungo allucinogeno azteco: entrambi sono in grado di mettere in rapporto l' uomo con la trascendenza. Questi riti, sono naturalmente di natura rituale accompagnati entrambi dalla "meditazione"..
Sia lo sciamano che il veggente upanisadico, sanno che il dialogo mentale e l' onnipresente rete di concetti, idee, pensieri e immaginazioni costruiscono una barriera che ci divide dal mondo.
La parola sciamano, deriva dal termine vedico "sràm" che significa "riscaldare sé stesso", e in effetti lo sciamano deve sentir bruciare dentro sè stesso una gran fiamma o luce che simboleggia il potere che egli d' ora in poi possiederà. Vi è quindi una stretta analogia fra questa esperienza di "illuminazione" e quella ottenuta nel corso della meditazione.
L' eccezionale testimonianza dell' antropologo Carlos Castaneda, mette in evidenza analogie e conoscenze derivate dalle tecniche orientali di meditazione, nel mondo dello sciamanesimo messicano.
Due sono le tecniche fondamentali che don Juan insegna al giovane antropologo: una è quella di fermare il "dialogo interno", l' ininterrotto chiacchierìo della mente, e l' altra è quella del "sognare"; due metodi che rientrano ampiamente in quelli della Meditazione Orientale.
Don Juan ripete in modo semplice ciò che gli orientali esprimono con concetti di tipo filosofico: "Fermare il mondo", interrompere cioè il nostro "dialogo interiore", per far cadere quella barriera che esiste tra noi e il mondo conosciuto. Sviluppare la "Seconda Attenzione", cioè l' attenzione capace di insinuarsi fra un pensiero e l' altro, in quello spazio vuoto da cui può nascere una visione diversa della realtà.
Ma poichè è molto difficile far tacere il pensiero, ecco il secondo metodo consigliato da don Juan: il "Sognare", che consiste nell' introdurre nell' attività onirica un elemento di consapevolezza e volontarietà. Un esercizio utile (lui insegnava) è cercare nel sogno le proprie mani. L' ordine che ci si deve impartire, ammonisce, non deve essere "violento e ossessivo", ma "tenue ed astuto". Sembra di sentire un'eco del "Tao té ching". Il sistema migliore per arrivare a sognare volontariamente, consiste nel l' arrestare il dialogo interno, anche solo per pochi istanti, imponendosi contemporaneamente l' argomento da sognare.
Secondo le Upanisad, il sonno ci mette in contatto con la realtà più profonda, quella che nello stato di veglia, ci sfugge continuamente a causa degli attaccamenti, dei pregiudizi e del continuo pensare. Ecco dunque che, il dormire può essere utilizzato come una tecnica di "Meditazione", come un metodo per riconnetterci con il nostro vero "Sé".
Il sonno è un potente mezzo di riequilibrio e di reintegrazione dell' essere, perchè è in realtà un' immersione nella dimensione della trascendenza. Anche la psicoterapia moderna, ha scoperto che in certi casi il sonno è una cura indispensabile.
Il sonno quindi è, una forma naturale di meditazione, un' apertura spontanea della porta della conoscenza.
Sia Rajneesh che Aurobindo, maestri indiani di meditazione, compirono esperimenti nei sogni, sostenendo che la luminosità del sogno è indicativa del livello di coscienza in cui viene compiuto: si passa dai toni "grigi, marroni e neri " del subcosciente,-alle "tinte vibranti" del fisico sottile, dai colori "fulgidi" , "dorati" , del vitale, alle luci del mentale che diventano più vivide via via che ci si avvicina all' Origine; infine nel sovramentale, si ha l' impressione che le cose non siano più rischiarate dall' esterno, ma che siano risplendenti in sé stesse.
Secondo Aurobindo, noi viviamo continuamente a vari livelli di coscienza, anche se non ce ne rendiamo conto. La nostra vita è il risultato di azioni, decisioni, incontri e avvenimenti che si svolgono su altri piani. Successi, fallimenti, progressi, declini, fortune, malattie ecc., trovano la causa in eventi che si verificano in altre dimensioni di realtà, ed è per questo che ci appaiono incomprensibili.
Soltanto in alcune occasioni, come nei sogni e nella meditazione, riusciamo a entrare in contatto con le "FORZE SEGRETE", che influenzano il nostro destino, con le tendenze karmiche che conosciamo.
by taisha
Pare quindi esserci una connessione diretta tra "sciamani e veggenti vedici". "Bevanda divina" viene definito il "soma", e "carne del dio", viene definito il fungo allucinogeno azteco: entrambi sono in grado di mettere in rapporto l' uomo con la trascendenza. Questi riti, sono naturalmente di natura rituale accompagnati entrambi dalla "meditazione"..
Sia lo sciamano che il veggente upanisadico, sanno che il dialogo mentale e l' onnipresente rete di concetti, idee, pensieri e immaginazioni costruiscono una barriera che ci divide dal mondo.
La parola sciamano, deriva dal termine vedico "sràm" che significa "riscaldare sé stesso", e in effetti lo sciamano deve sentir bruciare dentro sè stesso una gran fiamma o luce che simboleggia il potere che egli d' ora in poi possiederà. Vi è quindi una stretta analogia fra questa esperienza di "illuminazione" e quella ottenuta nel corso della meditazione.
L' eccezionale testimonianza dell' antropologo Carlos Castaneda, mette in evidenza analogie e conoscenze derivate dalle tecniche orientali di meditazione, nel mondo dello sciamanesimo messicano.
Due sono le tecniche fondamentali che don Juan insegna al giovane antropologo: una è quella di fermare il "dialogo interno", l' ininterrotto chiacchierìo della mente, e l' altra è quella del "sognare"; due metodi che rientrano ampiamente in quelli della Meditazione Orientale.
Don Juan ripete in modo semplice ciò che gli orientali esprimono con concetti di tipo filosofico: "Fermare il mondo", interrompere cioè il nostro "dialogo interiore", per far cadere quella barriera che esiste tra noi e il mondo conosciuto. Sviluppare la "Seconda Attenzione", cioè l' attenzione capace di insinuarsi fra un pensiero e l' altro, in quello spazio vuoto da cui può nascere una visione diversa della realtà.
Ma poichè è molto difficile far tacere il pensiero, ecco il secondo metodo consigliato da don Juan: il "Sognare", che consiste nell' introdurre nell' attività onirica un elemento di consapevolezza e volontarietà. Un esercizio utile (lui insegnava) è cercare nel sogno le proprie mani. L' ordine che ci si deve impartire, ammonisce, non deve essere "violento e ossessivo", ma "tenue ed astuto". Sembra di sentire un'eco del "Tao té ching". Il sistema migliore per arrivare a sognare volontariamente, consiste nel l' arrestare il dialogo interno, anche solo per pochi istanti, imponendosi contemporaneamente l' argomento da sognare.
Secondo le Upanisad, il sonno ci mette in contatto con la realtà più profonda, quella che nello stato di veglia, ci sfugge continuamente a causa degli attaccamenti, dei pregiudizi e del continuo pensare. Ecco dunque che, il dormire può essere utilizzato come una tecnica di "Meditazione", come un metodo per riconnetterci con il nostro vero "Sé".
Il sonno è un potente mezzo di riequilibrio e di reintegrazione dell' essere, perchè è in realtà un' immersione nella dimensione della trascendenza. Anche la psicoterapia moderna, ha scoperto che in certi casi il sonno è una cura indispensabile.
Il sonno quindi è, una forma naturale di meditazione, un' apertura spontanea della porta della conoscenza.
Sia Rajneesh che Aurobindo, maestri indiani di meditazione, compirono esperimenti nei sogni, sostenendo che la luminosità del sogno è indicativa del livello di coscienza in cui viene compiuto: si passa dai toni "grigi, marroni e neri " del subcosciente,-alle "tinte vibranti" del fisico sottile, dai colori "fulgidi" , "dorati" , del vitale, alle luci del mentale che diventano più vivide via via che ci si avvicina all' Origine; infine nel sovramentale, si ha l' impressione che le cose non siano più rischiarate dall' esterno, ma che siano risplendenti in sé stesse.
Secondo Aurobindo, noi viviamo continuamente a vari livelli di coscienza, anche se non ce ne rendiamo conto. La nostra vita è il risultato di azioni, decisioni, incontri e avvenimenti che si svolgono su altri piani. Successi, fallimenti, progressi, declini, fortune, malattie ecc., trovano la causa in eventi che si verificano in altre dimensioni di realtà, ed è per questo che ci appaiono incomprensibili.
Soltanto in alcune occasioni, come nei sogni e nella meditazione, riusciamo a entrare in contatto con le "FORZE SEGRETE", che influenzano il nostro destino, con le tendenze karmiche che conosciamo.
by taisha
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