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CASTANEDA Confessioni di un grande sciamano

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CASTANEDA Confessioni di un grande sciamano Empty CASTANEDA Confessioni di un grande sciamano

Messaggio Da Angelodiluce Mar Lug 27, 2010 1:53 am

Gli studi, gli amori e le passioni di un giovane " normale " . Poi l' incontro con don Juan e il " salto nell' abisso " . " scappai sconvolto da un bordello di Milano "




----------------------------------------------------------------- TESTAMENTI Esce, postuma, l'autobiografia dello scrittore e antropologo morto il 27 aprile scorso Cade il segreto sulla vita privata di un uomo che scelse l'isolamento fuggendo da tutto e da tutti CASTANEDA Confessioni di un grande sciamano Gli studi, gli amori e le passioni di un giovane "normale". Poi l'incontro con don Juan e il "salto nell'abisso" Carlos Castaneda e' morto lo scorso 27 aprile, ma la notizia fu data due mesi dopo, alimentando l'aura di mistero che ha accompagnato lo scrittore - antropologo d'origine peruviana da quando, tra gli anni '60 e '70, ando' "a scuola" da don Juan, l'ormai leggendario indiano Yaqui che gli trasmise il sapere sciamanico dell'antico Messico (poi, dalla meta' dei '70, lo scrittore divento' "invisibile", facendo perdere le sue tracce e negandosi ai mass media). Restando nell'ombra, Castaneda racconto' quell'esperienza in nove libri, alcuni dei quali furono oggetto di culto fra quanti, in America e altrove, cercavano un'alternativa al consumismo materialista: il suo racconto intaccava la compattezza del mondo empirico, perche' don Juan gli aveva fatto sperimentare altri livelli di realta', "non mere visioni ma mondi concreti e inafferrabili dalla nostra logica civilizzata". Nei racconti e' quasi del tutto assente la vita di Castaneda al di fuori dell'esperienza sciamanica; nessuno sa come don Juan interferi' con la vita normale, le relazioni, la mente logica del giovane antropologo di Los Angeles. Castaneda ne parla solo in questo libro postumo, Il lato attivo dell'infinito, rievocando per la prima volta eventi della sua vita ordinaria. Fu sempre don Juan, racconta, a proporgli una "ricapitolazione" dei fatti che l'avevano cambiato, "illuminando il suo sentiero": cio' doveva sgombrare il terreno dalle scorie del passato, creando lo spazio interiore necessario al viaggio magico. Nel libro apprendiamo che, da ragazzo, Carlos studia scultura in Italia (alla scuola d'arte di Brera, diretta da Marino Marini) e che un compagno scozzese lo porta in un bordello dove la stagionata Madame Ludmilla pratica "figure allo specchio" che lo sconvolgono. + il primo evento che don Juan giudica degno di essere "ricapitolato", come paradigma delle "figure insensate che tutti noi eseguiamo davanti allo specchio del nostro ego". + un Castaneda sconosciuto. Fatti e figure sono evocati con immaginazione plastica e lessico asciutto, da grande narratore: i ricordi peruviani richiamano Vargas Llosa, quelli losangelini la metropoli nevrotica e senza sogni di Raymond Carver. Sono storie di ordinaria fragilita', tra amori sbagliati, pompe accademiche, derive picaresche, che lo portano a "vedere" oltre l'apparenza. Castaneda racconta, per esempio, di uno psichiatra che gli piomba in casa di notte, stravolto per l'umiliazione sessuale subita dalla segretaria, oppure di un isterico, dolciastro antropologo che spiega in aula l'arte del coito orale da lui sperimentata con le donne papua: i due episodi l'avevano turbato e lo spinsero "verso uno stato emozionale sconosciuto". L'episodio chiave risale all'adolescenza peruviana quando il piccolo Carlos, genietto del biliardo, s'imbatte in un boss delle scommesse che fa soldi a palate con le sue vittorie, fino ad indurlo a perdere gabbando gli scommettitori. Don Juan gli spiega che quella situazione ambigua si rinnova in lui da sempre: allora era indeciso tra il boss e la fuga, ora tra le "vie dell'infinito" offerte dallo stregone e la normalita'. Nelle ultime pagine ritroviamo il racconto piu' discusso di tutti i precedenti libri, quello dell'addio a don Juan e del "salto nell'abisso", quando si getto' nel vuoto da una rupe nel deserto. Castaneda vede don Juan e i suoi compagni "sparire uno a uno nella foschia, mutarsi in un grumo di luminosita", ascendere, fluttuare e infine svanire per sempre. All'atto della morte, i "corpi degli sciamani si trasformano in energia pura, dotata di consapevolezza", mi spiegava l'anno scorso Castaneda quando mi concesse a Los Angeles un'intervista esclusiva, ma si scherni' quando gli chiesi se anche lui, erede della "stirpe sciamanica" di don Juan, sarebbe morto cosi', dileguandosi in un altro livello di realta': non lo sapremo mai, il bollettino ha detto "cancro al fegato". Ma in questo libro rivela cosa avvenne dopo quel "salto nell'abisso", ordinatogli da don Juan prima di sparire: "Saltai nel baratro, poi l'oscurita' mi accolse come un placido fiume sotterraneo", scrive. Dopo l'oscurita', Carlos si ritrova sbalordito in camera sua a Los Angeles, scende al suo locale preferito, lo Ship's Restaurant, ma prova vertigini e smarrimento sentendosi un altro, come se avesse mutato natura. Tutti lo trovano strano, finche' non entra un barbone mezzo folle che lo guarda, lancia un urlo e corre in strada, sfuggendogli atterrito. Lo squilibrato aveva "visto" la mutazione sciamanica: Castaneda lo definisce un amico, "se possiamo chiamare cosi' chi vede oltre la facciata e da dove proveniamo realmente". E conclude cosi' un racconto di trent'anni. a * Il libro "Il lato attivo dell'infinito" e' in uscita da Rizzoli, che pubblica anche tutte le altre opere di Castaneda. di CESARE MEDAIL ----------------------------------------------------------------- "Scappai sconvolto da un bordello di Milano" "Ludmilla danzava davanti allo specchio e io mi sentii disperato" Anticipiamo un brano dal libro postumo di Carlos Castaneda "Il lato attivo dell'infinito", in uscita da Rizzoli. Quando ero studente in scultura in una scuola d'arte italiana (la scuola di Brera a Milano, ndr), avevo per amico uno scozzese che studiava storia dell'arte. La sua ambigua specialita' non era la critica dell'arte, ma la conoscenza personale di tutte le prostitute dei bordelli locali, che erano numerosi ... . Eddie si fermo' davanti a una porta su cui c'era il numero 112. Busso' piu' volte. La porta si apri' e una donna piccola e tonda dai capelli biondi tinti ci fece cenno di entrare, senza dire una sola parola. Aveva addosso una vestaglia di seta rossa con le natiche vaporose e un paio di ciabattine rosse ornate di palline di pelo. Dopo averci fatti entrare in un atrio minuscolo, richiuse e si rivolse a Eddie in un inglese dal pesante accento. "Salve, Eddie. Hai portato un amico?". Le prese una mano e gliela bacio' con estrema galanteria e si congedo'. Mi sembrava tutto cosi' strano e orribile che scoppiai a ridere. Madame Ludmilla non si mostro' per niente impressionata dalla mia esplosione di allegria. "Ti offriro' un ottimo spettacolo" mi rassicuro'. "Le figure davanti allo specchio sono solo i preliminari, non appena ti senti caldo e pronto dimmi pure di fermarmi". Entrammo in una stanza scura e lugubre, con le finestre coperte da tende pesanti. Le lampadine a basso voltaggio delle applique fissate alle pareti erano a forma di tubi e sporgevano ad angolo retto. La stanza era piena di oggetti: cassettiere di dimensioni ridotte, sedie e tavoli antichi, una scrivania appoggiata al muro e ricoperta di carte, righelli e almeno una decina di forbici. Madame Ludmilla mi fece sedere su una vecchia poltrona imbottita. "Il letto e' nell'altra stanza, tesoro" mi informo'. "Questa e' la mia antisala, dove ti mostrero' lo spettacolo che ti fara' diventare caldo e pronto". Lascio' poi cadere la vestaglia rossa, fece volare via le ciabatte e spalanco' le ante doppie dei due armadi, che stavano uno di fianco all'altro. All'interno c'erano due specchi in grado di riflettere tutta la persona. "Musica ragazzo mio" esclamo', dando la carica a un Victrola che sembrava nuovo di zecca, addirittura scintillante. Mise su un disco dal motivo ossessionante che ricordava la marcetta di un circo. "E adesso, il mio spettacolo!" esclamo', piroettando seguendo la melodia. Aveva la pelle del corpo tesa e incredibilmente bianca, sebbene non fosse piu' giovane: anche se ben conservata, doveva aver quasi raggiunto la cinquantina. Il suo ventre era leggermente cascante, al pari del seno voluminoso. Anche la pelle del viso ricadeva, allentando in maniera vistosa la linea della mascella. Aveva il naso piccolo e le labbra truccate pesantemente di rosso. Gli occhi erano segnati da un mascara nero e spesso. Mi fece venire in mente il prototipo della prostituta invecchiata, anche se, al tempo stesso, c'era in lei qualcosa di infantile, una fiducia e un abbandono fanciulleschi uniti a una dolcezza che mi turbarono. "Ora, figure davanti allo specchio!" annuncio' la donna mentre la musica continuava. "Gamba, gamba, gamba" grido', lanciando in alto prima una gamba poi l'altra, seguendo il ritmo della musica. Teneva la mano destra in cima alla testa, come una bambina che non e' sicura di saper eseguire i movimenti giusti. "Giro, giro, giro" continuo', vorticando come una trottola. "Sedere, sedere, sedere" aggiunse, mostrandomi il posteriore nudo come se fosse stata una ballerina di can can. Ripete' piu' volte l'intera sequenza, finche' la musica comincio' a svanire e la carica del Victrola si esauri'. Ebbi la sensazione che Madame Ludmilla stesse roteando e svanendo in lontananza, diventando sempre piu' piccola. Dal profondo del mio essere affioro' una disperazione e una solitudine che non sapevo nemmeno potesse esistere e che mi spinsero ad alzarmi e uscire di corsa dalla stanza, precipitandomi giu' per le scale come un matto, fuori dall'edificio e giu' in strada ... . Quando finii di raccontare la storia a don Juan, eravamo seduti tra le colline antistanti una catena di montagne nei pressi di Sonore e mi misi a tremare, misteriosamente scosso da qualcosa di indefinito. "Questo racconto dovrebbe essere incluso nel tuo album" mi disse. "Vedi, come Madame Ludmilla tutti noi, vecchi e giovani, in un modo o nell'altro eseguiamo figure davanti a uno specchio. Esamina con cura quello che sai sul conto della gente. Prova a pensare a ogni singolo essere umano che esiste sulla faccia della terra e, senza ombra di dubbio, scoprirai che chiunque sia, qualunque cosa pensi di se stesso o possa mai fare, il risultato delle sue azioni e' sempre lo stesso: figure insensate davanti a uno specchio". di CARLOS CASTANEDA
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