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La Rocca di Senigallia
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La Rocca di Senigallia
A prima vista la rocca sembra un imponente fortezza rinascimentale, nata per proteggere i signori locali dagli invasori e costruita secondo i criteri dell'epoca.
Niente di più sbagliato, infatti esaminando attentamente le fondamenta si possono notare i resti della prima cinta muraria di un castrum romano.
La rocca, come oggi possiamo vederla, rappresenta il prodotto di una sovrapposizione più che bimillenaria di successivi interventi fortificatori succedutisi pressoché sullo stesso sedime litoraneo, a conferma del valore strategico del luogo prescelto: fra la foce del fiume Misa (già Nevola) e del torrente Penna (oggi interrato).
Seppure quella prevalente sia attualmente la sua configurazione tardoquattrocentesca, nella rocca possono identificarsi almeno quattro fasi costruttive.
La prima fase viene fatta risalire al periodo successivo alla fondazione da parte dei Romani della colonia di Sena Gallica (circa 280 a.C.), prima colonia adriatica, della quale rimangono parziali resti in massicci blocchi tufacei (vaganti ma parte di una struttura il cui piano di posa è stato identificato a circa tre metri di profondità) visibili nella parete nord-ovest della corte. Alla seconda fase appartiene il basamento intatto della torre medievale quadrangolare visibile nel lato nord-est, edificata in conci calcarei isodomi di ottima ed elegante fattura, che venne poi inglobata nel cassero o "rocchetta " trecentesca voluta dal cardinale Egidio Albornòz a cavaliere d'angolo di due cortine delle mura urbiche (1363-67 circa), che forse rimase incompiuta. Pandolfo III Malatesta ottenne la signoria di Senigallia dopo il 1385, inaugurando il dominio alterno della sua famiglia sulla città che si evidenzierà nell'opera di Sigismondo Pandolfo a partire dal 1445.Fu nel periodo malatestiano (terza fase) che la rocca senigalliese assunse la sua conformazione più ampia: cioè a forma quadrangolare con bastioni rettangolari ai vertici, cortine laterizie a piombo con beccatelli e merli ghibellini, i cui resti sono oggi resi visibili dai recenti restauri che ci mostrano la fortificazione malatestiana inscritta nel perimetro attuale. La rocca malatestiana ebbe a sua volta una successiva ristrutturazione, attuata da Sigismondo, a partire dall'Anno Santo del 1450, nell'ambito del suo complessivo piano di riedificazione, ripopolamento e ristrutturazione urbanistica e militare della città sulla base delle preesistenze romane. In questo intervento venne operata la foderatura dei baluardi angolari della rocca mediante conci sagomati di arenaria per fornirla dell'oramai ineludibile scarpatura obliqua atta a deviare il tiro dai sempre più offensivi calibri da fuoco.
Questo riadattamento, oggi ben visibile nei sotterranei, venne realizzato molto probabilmente su progetto dell'ingegnere Giovanni di Sant'Arcangelo di Romagna, chiamato da Sigismondo nell'ottobre del 1454 a verificare le nuove fortificazioni ed eseguito da M. Antonio da Vercelli e da Baroccio da Fano. Morto Sigismondo nel 1468, Giovanni della Rovere divenne signore di Senigallia e Vicario del Papa nel 1474, nel 1475 divenne Duca di Sora e Prefetto di Roma.
A partire dal 1480 il Pontelli progettò e realizzò la nuova rocca (quarta fase), inglobando il perimetro di quella malatestiana con nuove cortine terrapienate e quattro torrioni cilindrici angolari e scarpati (realizzati nell'ordine: nord ed est, verso mare, ovest e sud verso terra), posti sul medesimo filo dei parapetti secondo i nuovi dettami balistici, sorretti da eleganti beccatelli lapidei decorati con frapposte caditoie per la difesa piombante e troniere per la difesa radente.
Il doppio cordone lapideo a toro e le proporzioni dei torrioni (oggi in parte interrati) confermano lo stile del Pontelli che lavorò per il Duca anche nel Convento di S. Maria delle Grazie.
La Rocca, arresasi nel 1503 a Cesare Borgia che a Senigallia compì la celebre strage descritta da Nicolò Machiavelli nel suo Il Principe, non fu solo una fortezza bensì anche dimora signorile. L'interno della rocca presenta, nella sua parte centrale, tre livelli residenziali serviti da una scala a due rampe con accesso dal cortile: quello più basso adibito alla guarnigione ed agli ufficiali, dal 1533 ospitò la Scuola dei Bombardieri voluta da Guidubaldo II. I locali superiori erano adibiti alla rappresentanza (tre saloni) e residenza del Duca. Il locale oggi adibito a cappella risale al periodo della devoluzione del Ducato urbinate alla Chiesa. Altri locali sotterranei, già sede delle cannoniere, vennero allora adibiti a carcere di rigore, la cui efficacia punitiva era esaltata dalla forte umidità di risalita, che nelle stagione invernale giungeva ad allagare i pavimenti.
La cappella di corte quattrocentesca, a pianta quadrilatera, è invece voltata a calotta con cuffie a conchiglia nei raccordi d'angolo e putti, con decori scultorei che ricordano quelli degli artisti lombardi nel Palazzo Ducale di Urbino.
La struttura militare era prevista come autosufficiente in caso d'assedio, essendo fornita di camino a fuoco, di depositi sotterranei di derrate alimentari con granaio, ed infine di un ampio serbatoio sotterraneo per la raccolta dell'acqua meteorica, a forma di bulbo e posto nel cortile dove venne abbellito da una vera da pozzo lapidea con gli stemmi di Giovanni della Rovere.Estintasi la dinastia ducale nei Della Rovere, dopo il ritorno della città sotto il dominio della Chiesa nel 1631, fu adibita a carcere pontificio ed anche ad orfanotrofio. Oggi ospita mostre d'arte e prestigiose manifestazioni culturali.
La cosa che più mi ha colpito è che al suo interno in una delle tante stanze oggi adibite a mostra, vi è una rappresentazione della rocca in una mappa del '400, mappa redatta dal celebre ammiraglio turco Piri Reis.
Ecco che finalmente un antico mistero tornava a farci visita dalle nebbie della storia.
FINE PRIMA PARTE.
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